Con la sentenza n. 11504/2017 la Suprema Corte di Cassazione ha operato una vera e propria rivoluzione copernicana in tema di assegno divorzile, abbandonando il criterio regolatore del tenore di vita per abbracciare quello dell’autosufficienza economica e dell’autoresponsabilità.
Come ben saprete, l’assegno divorzile è una prestazione economica disciplinata dall’art. 5 della Legge n. 898/1978 (c.d. “Legge sul divorzio“), il quale al sesto comma dispone che
Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.
In poche parole, l’assegno divorzile si sostanzia in una periodica dazione di danaro da parte di uno degli ex coniugi in favore dell’altro laddove quest’ultimo non abbia i mezzi adeguati o comunque non possa procurarseli per ragioni oggettive, tenuto comunque conto delle condizioni dei soggetti coinvolti, delle ragioni della decisione e del contributo non soltanto di natura economica offerto da ciascuno alla conduzione familiare.
Si è autorevolissimamente sostenuto che tale istituto affonda le proprie profonde radici nell’art. 2 della Costituzione, che scolpisce il dovere di solidarietà economica al cui rispetto sono tenuti tutti i consociati.
Ebbene, fino alla sentenza sopra menzionata, in particolare fin dalla sentenza n. 11490/1990 resa a Sezioni Unite in materia di diritto all’assegno divorzile, la giurisprudenza di legittimità aveva propeso ad individuare come principio cardine dell’istituto in questione il tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio.
In altre parole, qualora gli ex coniugi non si fossero accordati sulla regolamentazione dei rapporti economici all’esito dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Giudice avrebbe dovuto accogliere le domande volte al riconoscimento del diritto all’assegno divorzile sulla base del tenore di vita avuto durante il vincolo coniugale.
La Cassazione, con la pronuncia in esame, ha finalmente superato tale visione, indubbiamente ancorata ad una visione anacronistica di matrimonio quale sistemazione per la vita, affermando infatti che non appare configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell’ex coniuge a conservare una simile condizione economica e sociale.
In buona sostanza, la circostanza per cui l’ex coniuge è economicamente autosufficiente esclude il diritto all’assegno divorzile.
Con il divorzio infatti, afferma la Sezione I del Giudice di Legittimità,
il rapporto matrimoniale si estingue non solo sul piano personale ma anche economico-patrimoniale, (…) sicché ogni riferimento a tale rapporto finisce illegittimamente con il ripristinarlo – sia pure limitatamente alla dimensione economica del tenore di vita matrimoniale – in una indebita prospettiva di ultrattività del vincolo matrimoniale.
Così statuendo, gli Ermellini hanno operato un vero e proprio capovolgimento di fronte nel settore del diritto di famiglia, aprendo la breccia ad una giurisprudenza di merito che, si prevede, non tarderà ad accogliere la massima di cui sopra.
La Cassazione, nel proprio iter argomentativo, ha opportunamente fornito agli operatori del diritto ulteriori delucidazioni utili ad individuare gli indici da cui può desumersi l’autosufficienza economica escludente il diritto all’assegno divorzile, quali ad esempio il possesso da parte del coniuge richiedente di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari, la disponibilità stabile di un’abitazione, nonché la capacità e la possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro.
Soltanto interpretando la norma in tal guisa, ad autorevole avviso della Corte, possono delinearsi i contorni dell’istituto del matrimonio in un modo teleologicamente orientato ai principi costituzionali, laddove la scelta di unirsi in matrimonio deve presupporre una libera e autoresponsabile volontà che non sia minimamente condizionata da mire economiche o di mera convenienza.
Ciò posto in punto di diritto, si è persuasi che tale rivoluzione copernicana spianerà la strada ad innumerevoli domande di revisione degli assegni divorzili eventualmente già concessi in costanza della precedente giurisprudenza, ormai superata.
E’ bene infatti ricordare che è possibile, allo stato e alla luce della mutata giurisprudenza, adire l’Autorità competente al fine di far revocare l’assegno divorzile laddove il/la beneficiario/a sia economicamente autosufficiente secondo gli indici presuntivi individuati dalla Corte di Cassazione.
Per ottenere ulteriori delucidazioni in merito, si invita il Lettore a contattare lo studio.
Avv. Alessandro Amato